Donna Primavera
Racconto di Adamo Bencivenga


Donna primavera che mi porti ogni volta quando esci di casa, tra le schiarite di Marzo, tra i rami insecchiti, dove timide stanno le gemme di pesco, i nivei fiori dei mandorli nani, tra le trame di stoffa trasparenti al chiarore, come tele di ragno in controluce al tramonto.
Donna primavera che rinasco ogni volta quando sopra di te ti faccio femmina bella, e tu danzi gioiosa all’Aprile che incombe, alle piogge leggere che fiero trattengo, perché tu ti muova con le sete dei drappi come fossero note cosparse nell’aria.
Donna primavera che nascondi le forme e di velo t’adorni e s’intravede la pelle, come se la stagione che risveglia l’ardore, non sia che la stoffa che ammicca e traspare, che bianca, che gialla sciama ed ondeggia al primo bagliore che l’alba ti dona.
Donna primavera che ovunque mi porti, tra spose novelle o vedove affrante, e ti lasci ammansire da un soffio più caldo, che lieve s’incunea dove il cuore non batte, e giochi col vento che ti fa vela al bisogno e giochi con l’ombra che altero ti offro.
Perché tu sia la Regina ed io il tuo trono, unico amante a cui concedi l’onore, d’accarezzarti i pensieri e preservarli da tutto, d’accompagnarti nei campi di mammole e viole, che recidi e raccogli per ingentilirmi le forme e tu femmina appari al riflesso dell’acqua, al contorno del viso, all’orlo di stoffa, lungo il sentiero dove all’alba riluci.
Donna primavera che rinasco e t’aggrazio tra i barbagli decisi d’un sole alla porte, tra i riverberi a schiera di rovi già adulti, che covano in seno le spine ed i frutti e tu salti e cammini senza che l’erba s’accorga di quel fascio di sete incorporee al tatto.
Donna primavera che ovunque rigemmi, impreziosita dai toni immaturi che stanno, sulla pelle che diafana rinvigorisci alle labbra, e spalmi di rosso di fragola e sangue, perché intatto rimanga il desiderio d’ognuno, quando passi e ti volti e lasci la scia, di fragranza ed effluvio, di viola e mughetto, di femmina bella che rinasce ogni volta impalpabile all’aria come carta di riso.
Donna primavera che ti gongoli e pensi, che senza di me non saresti la stessa, quando prima di uscire ti guardi allo specchio e vezzosa mi scegli per essere adatta, al giorno, alla sera, al tè delle cinque, al tempo che fuori ti rallegra e t’indora, e tu ridi all’amore ed al noce già in fiore e nell’aria rispunta la bella stagione.
(Il tuo cappello)
FINE


Il racconto è frutto di fantasia.
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